Un nuovo studio condotto dall’Università di Chicago ha stabilito l’importanza dell’olfatto nel predire quanto ancora vivremo. Sono stati analizzati 3000 soggetti tra uomini e donne, tra la fine degli anni 50 e la metà degli anni 80, sottoponendoli ad un test dell’odore, ripetuto poi dopo cinque anni per vedere chi di essi fosse ancora in vita.
Ai partecipanti allo studio è stato chiesto di annusare quattro diversi profumi tutti molto riconoscibili: la menta piperita, l’arancio, il cuoio ed il pesce. Il 40% di coloro che avevano fallito nel test dopo cinque anni sono morti, così come il 19% di coloro che avevano dimostrato una parziale riconoscibilità. Coloro che avevano riconosciuto tutti gli odori sono morti nella misura del 10%. Chi, oltre ad un olfatto poco sviluppato, viveva in condizioni economiche precarie o possedeva una scarsa cultura, è risultato più a rischio di morte.
“Pensiamo che la perdita del senso dell’olfatto è come il canarino nella miniera di carbone. Esso non provoca direttamente la morte, ma è un precursore, un sistema di allarme precoce, che qualcosa è già andato male male, che il danno è stato fatto. Le nostre scoperte potrebbero fornire un test clinico utile, un modo rapido e poco costoso per identificare i pazienti più a rischio“, così ha detto l’autore principale dello studio Jayant M. Pinto dell’Università di Chicago, in un comunicato.
L’intuizione che l’olfatto avesse a che fare con l’insorgenza di molte patologie si era già rivelata fondata nel 2013 quando ad alcune persone era stato chiesto di annusare del burro di arachidi. La ricerca allora aveva dimostrato che chi non era stato in grado di riconoscere l’odore aveva più possibilità di ammalarsi di Alzheimer. Lo stesso olfatto è tuttora utilizzato per predire l’insorgenza di cancro al polmone. Assicurano gli esperti che l’olfatto, pur essendo un senso che tutti diamo per scontato, se utilizzato a scopi preventivi può dare risultati apprezzabili.